Chi legge "esamini tutto, ma ritenga solo ciò che è giusto".

La mente non è un vessillo da riempire, ma un fuoco da accendere.

mercoledì 7 febbraio 2018

CIÒ CHE SI TROVA PER ANTICHI SENTIERI



Ci fu un lasso di tempo della mia vita che attraversò i miei 13 anni fino all’incontro con Scandurra e poco oltre. In terza media non mi curavo più di tanto delle materie scolastiche, preferivo ad essi libri di magia, quelli che promettevano in dieci lezioni mirabolanti poteri. Magia alchimia mentalismo, erano le materie a me congeniali. Fuga dalla realtà? Certamente, questa era poco cosa per le mie ambizioni. Chi ebbe la ventura di conoscermi, notava in me due nature: la prima affabile, giocosa, altruista, l’altra fanatica e oscura. Più che bipolare, ero orbitale. Mi imposi pesanti restrizioni, dalla dieta vegetariana alla rinuncia all’alcool, non mi masturbavo (su precise indicazioni tecniche) e bevevo tutte le mattine acqua distillata, tutto questo nella speranza di raggiungere un più alto stato di coscienza. Tutti questi sacrifici non portarono gli effetti voluti, anzi, fui assalito da ansie e ossessioni, collassi nervosi, spesso ero in preda all’ira. Il regime di austerità non portava a niente. Migliori risultati li ebbi con gli esercizi respiratori controllati. Ritrovai un minimo equilibrio. Notai che quando mi sottoponevo alla concentrazione, acquisivo più forza fisica e nervosa. Il centro di irradiazione di questa forza lo trovai all’altezza dell’ombelico: un fornetto dal quale si sprigionava calore che poi si diffondeva per tutto il corpo. Caspita, qualcosa finalmente si stava muovendo, lentamente, è vero, ma si muoveva. Ogni giorno facevo riferimento a questo centro e devo ammettere che quando lo visualizzavo scaturiva automaticamente una forza, unita al calore, che mi dava benessere e sicurezza, tanto da sperimentarlo in ogni occasione, a scuola e tra gli amici all’oratorio. Ogni situazione che richiedeva impegno e volontà, mi appoggiavo a questo espediente e le cose andavano per il verso giusto, non soccombevo né soffrivo di sudditanza nei confronti di nessuno. Lessi libri di teosofia e di Steiner, ma mi lasciarono freddino. Migliaia di termini presi in prestito dal sanscrito, spiegazioni leziose di mirabolanti corpi eterici, antropogenesi, cosmogonie aliene, insomma zibaldoni estenuanti che pochi credo riuscirono mai a leggere interamente. Tra i tredici e quattordici anni, dormivo non più di tre ore a notte, qualche conoscente mi consigliò di assumere peyote per viaggiare, ma non accettai. Volevo girovagare per mondi elementali con le mie “gambe”. Utilizzai i tattva per accedere alle dimensioni dei cinque elementi. Raffinavo la coscienza. Imposi a me stesso una procedura: intensa meditazione per attrarre le forze celesti; coltivazione della volontà, addestramento sull’oggetto desiderato; vivace immaginazione affinché le impressioni tratte dal mondo eterico possano entrare e fissarsi nell’anima. Non passò molto che ebbi i primi effetti della pratica occulta. Durante una delle prime terapie d’accesso che praticai con Scandurra, vomitai letteralmente un ectoplasma curioso. Si trattava di psicofluido giallognolo, cristallino e conduttivo, infatti gli passava attraverso una debole ma visibile scarica elettrica. Grandioso. Materia prima alchemica, concreta, tutti potevano osservarla. Dico ‘materia prima’ perché così mi suggerirono i più vecchi seguaci del fruttarolo viterbese-atlantideo. Mi sentì vuoto, il centro della forza era come depresso. Mi fecero mangiare pezzi spessi di grasso di ventresca e bere vino rosso, così recuperai gradualmente. Il grasso era necessario, diceva Scandurra, mi rimetteva in piedi senza altre conseguenze. L’occulta ricerca della perfezione passava per il grasso di maiale, la banca del contadino, come mi ripeteva spesso. Per passare il velo che impedisce all’uomo di vedere la Realtà totale, sono necessari sforzi inauditi, incontri con entità briccone che custodiscono però cose segrete, rifuggire le tentazioni del mondo, rischiare e capire quando fermarsi in tempo. A volte da menzogne ho imparato molto, perché dietro di esse si muovevano significati da cogliere al volo. È più facile trovare la chiave che la serratura. Già, questo l’ho imparato a mie spese. Pur temendo a volte per la mia sanità mentale, non provai più l’angoscia che invece mi accompagnava fin da bambino. Certi dolori psicosomatici sparirono, messo a nudo non temevo più me stesso e la notte non era poi così buia. I pastori d’Arcadia, fecero il resto.

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