Chi legge "esamini tutto, ma ritenga solo ciò che è giusto".

La mente non è un vessillo da riempire, ma un fuoco da accendere.

venerdì 21 dicembre 2012

L'ERA DELL'USURA E L'USURA DEL GRANDE TEMPO




Mandate la vostra rugiada, o cieli, e le nubi facciano piovere il giusto” (Is. LIX)


Oggi la democrazia è ridotta a mera procedura, se qualcuno se ne fosse accorto, ma essa ha la presunzione di rappresentare la miglior forma di coesistenza sociale e difesa della libertà di sempre. Constato che non esistono più patrie, son perdute le identità di sangue e di suolo, cessate le culture particolari sostituite dall'omologazione culturale del pensiero unico. Il mondialismo è l'espressione più perniciosa che mai abbia potuto attecchire tra gli uomini. Ecco, così va il mondo, dove l'usurocrazia è l'unica forma politica sopravvissuta alla morte delle ideologie e della storia. L'era del mercante è quella in cui viviamo, così bene prevista dai Veda indù millenni fa. La Scienza è diventata la religione di massa, il punto di riferimento dell'unico sapere accertato. Una scienza servetta del potere, che ci istruisce secondo modelli preconfezionati da dove veniamo e dove stiamo andando, con dovizia di particolari – per lo più ininfluenti sul piano della conoscenza - ed una nomenclatura fatta apposta per nascondersi dietro. La Tecnica è anch'essa figlia degenere di una scienza priva di coscienza e di una filosofia senza rotta né approdo. Tutto induce a credere che stiamo vivendo i tempi della fine. Fine di una civiltà, di una tradizione, ove l'1% della popolazione mondiale detiene tutte le risorse, materiali e umane.

Eppure c'è chi ha brindato facendosi grasse risate nei confronti della cosiddetta “profezia Maya”, considerandola una fesseria per esaltati e occultisti da strapazzo. Ho assistito alle trasmissioni su Rai e Mediaset dedicate al mancato evento apocalittico del 2012, non ho potuto fare a meno di osservare che il livello di certo giornalismo italiano è ai minimi storici, sia per onestà intellettuale che per capacità. Mi rattrista vedere lo staff di X-Times partecipare al programma Mistero su Italia 1 iersera, e arrampicarsi sugli specchi, dimostrando pochezza culturale e soprattutto incoerenza, visto che sul mensile passa di tutto, perfino i miei articoli. Ho avuto la sensazione che siano stati censurati o minacciati, che fa lo stesso. Ciò non li assolve. Meglio scrivere su di una fanzine libera, che apparire in tivvù e fare la figura di impiegati istituzionalizzati. Dove son finite le invettive degli ufologi e degli spiritualisti di X-Times contro il sistema, la denuncia del cover up dell'informazione nostrana ed estera? Tutti a scodinzolare dietro l'unica posizione possibile dell'establishment: contenere, neutralizzare, negare, irridere.

Vengo alla ragione di questo post. Chi credeva che la fine di un mondo, l'apocalisse, laica o religiosa, fosse come la scadenza di uno yogurt, beh, ha fatto male i calcoli. La Natura non fa salti, tanto meno il Cosmo. Tuttavia, stiamo vivendo un processo di trasformazione progressivo e formidabile, che non ci eviterà sofferenza e terrore; perché non dirlo forte e chiaro? Così come siamo messi, molti dei seguaci del 2012, per intenderci quelli che prefiguravano la fine e l'inizio di un'era secondo i computi Maya, già si saranno ricreduti, sommersi come saranno dai dubbi amletici. Dico loro: non mollate la presa, non abbassate la guardia, altrimenti sarete colti alla sprovvista quando si manifesteranno sempre più evidenti i fenomeni-spia. I dati scientifici son solo una piccola parte, direi trascurabile rispetto all'immenso movimento cosmico che si approssima a velocità superluminare. I pieroangela, i cicappini, gli illuministi atei, oggi ridono beati alla faccia nostra. Bene, sti c**** direbbe Scandurra. Domani noi non rideremo alla loro faccia quando vivremo tutti, nessuno escluso, gli eventi previsti. No, non rideremo di loro, per essere stati così stupidi e superbi. Ci faranno soltanto pena per la loro pochezza di intelletto e chiusura verso l'alto.

L'Italia ha affrontato questi frangenti come è uso far di solito: ridendo e scherzando. Non si crede più a niente, in realtà. Si naviga a vista. Ormai la nostra nazione non è più un tutto organico, non possiede più un suo cuore, una sua vitalità. L'Italia ha perduto definitivamente lo scopo del suo esistere. La retorica dell'Unità – piano massonico transnazionale – non riempie ne le pance né lo spirito. Il popolo implica confini, identità, interesse nazionale: tutta roba che l’illuminismo mondialista reputa obsolete. Oggi il mondo è ridotto a mercato attraverso il dominio dei banchieri in evidente conflitto d’interessi, dei professorini di una dubbia scienza economica e il lobbismo, versione post-moderna della lotta di classe. Sopra i bankieri e gli oligarchi, v'è una conventicola di loschi figuri, politici e militari, ben al dentro alle cose esoteriche, che muovono i fili della storia; ma non sono i soli. Il campo offre una varietà di forze, potenze, influenze, ordini, emissari, arconti e titani, angeli e demoni, saturniani e uranidi. Ecco, a noi resta di decidere da che parte stare. Chi sente la fine e pregusta un nuovo mondo, chi percepisce la dinamica delle energie sull'orizzonte degli eventi, che faccia un passo avanti. Non ci si può più nascondere. Dobbiamo spingere a favore delle forze dell'universo, deciderci a cooperare con gli esseri provenienti da altri mondi e dimensioni diverse. Il Nulla avanza ed ha mille volti, ognuno con un nome diverso.

A.D. 2012: siamo di fronte al tremendo mistero del non-essere, proliferatore della negazione ossessiva, Ombra che cela il luminoso. Uscire dalla realtà creatrice divina vuol dire sprofondare nell'incandescente nulla della scomposizione atomica. Nell'odierno esondare del vuoto, si evocano le potenze primigene – così ben descritte da Lovecraft e ingenuamente considerate frutto di fantasia – prigioniere della materia degenerata, oscena, mostruosa.

Facciamo la fila per comprare l'ultimo giocattolo elettronico con su stampata una mela mozzicata, simbolo della possibilità per ogni disgraziato di poter mordere il frutto proibito, la nuova ostia blasfema politicamente corretta. Consideriamo miracoloso ogni ritrovato della tecnica, mitizziamo i cantanti che ci invitano a violare ogni limite pur di godere o di sballare. Ci vendiamo l'anima per “due aglietti”, quando un tempo ormai remoto, potevamo conoscere la posizione precisa di ogni singola particella del cosmo e fiammeggiare della stessa Luce divina.

Ci vuole un atto di conoscenza: veleggiare sulla frequenza dell'Ignoto. Diceva Scandurra: “Tutto ciò che la gente sarà sicura non avvenire, avverrà, e ciò che saremo sicuri avvenire, ci deluderà.”


martedì 18 dicembre 2012

2012: direzionali cosmici

IL CAMBIAMENTO EPOCALE
AVVIENE QUANDO L'INGANNO GLOBALE RISULTA INSOPPORTABILE


E SOLTANTO LA POTENZA DELL'AMORE RIVELATO

IN CONDIZIONI COSMICHE FAVOREVOLI

LIMITA L'EFFETTO DELLA GUERRA


IL PROCESSO È IN ATTO

domenica 16 dicembre 2012

ATTIMI DI LUCENTE SILENZIO




"Del tutto abbandonato al rosso splendore della rosa"
Martin Heidegger

...L'uomo deve riconoscere la piena misura delle proprie responsabilità ed assumerla. Ma per poter far questo, deve riconquistare il giusto rapporto con la verità delle cose, con le esigenze del suo io più profondo,infine con Dio. Altrimenti soccomberà al suo proprio potere e quella "catastrofe globale", diverrà inevitabile..."
Romano Guardini (1885-1968) "La fine dell'epoca moderna. Il potere" Ed.Morcelliana, 1950

"Che cosa ci insegna la fine di questa guerra che non è mai stata nazionale? L'idea imperialista del potere, da qualunque parte essa provenga, deve essere resa innocua per sempre. Un militarismo prussiano non deve più giungere al potere. Solo attraverso un'ampia collaborazione dei popoli europei si può creare la base su cui sarà possibile una costruzione nuova. Ogni potere centralizzato, come quello che lo stato prussiano ha cercato di instaurare in Germania e in Europa deve essere soffocato sul nascere. La Germania futura potrà unicamente essere una federazione. Solo un sano ordinamento federalista può oggi ancora riempire di nuova vita l'Europa indebolita. La classe lavoratrice deve essere liberata mediante un socialismo ragionevole dalla sua miserabile condizione di schiavitù. Il fantasma di un'economia autarchica deve scomparire dall'Europa. Ogni popolo, ogni individuo hanno diritto ai beni della terra! Libertà di parola, libertà di fede, difesa dei singoli cittadini dall'arbitrio dei criminali stati fondati sulla violenza: queste sono le basi della nuova Europa"
Testo tratto da uno dei volantini della Rosa Bianca, gruppo di resistenza degli studenti contro Hitler, Monaco 1942/43.
RIVELAZIONE E ROVINA
Singolari sono i sentieri notturni dell’uomo. Quando nel mio notturno vagare passai attraverso stanze di pietra, e ardeva in ciascuna un piccolo, tacito lume, un candelabro di bronzo, e quando rabbrividendo mi accasciai sul giaciglio, al capezzale stava di nuovo la nera ombra della straniera e muto il mio volto celai nelle mani lente. Alla finestra era anche fiorito azzurro il giacinto e al purpureo labbro del respirante affiorò l’antica preghiera, dalle ciglia caddero lacrime cristalline, piante sull’amarezza del mondo. In quell’ora fui il bianco figliuolo alla morte di mio padre. A brividi azzurri giungeva dal colle il vento notturno, l’oscuro lamento della madre, che di nuovo moriva, e io vidi l’inferno nero nel mio cuore: attimi di lucente silenzio. Lieve affiorò dal muro di calce un volto indicibile – un giovinetto morente – la bellezza di una stirpe che tornava in patria. Bianca di luna la pietra fresca accolse la vigile tempia, si dileguarono i passi delle ombre sui gradini corrosi, nel piccolo giardino un girotondo di danza.
Muto sedevo in una taverna deserta sotto travi fumose, e solo col vino: salma luminosa china sopra una cosa oscura, e un agnello morente giaceva ai miei piedi. Dal marcescente azzurro avanzò la pallida figura della sorella e così parlò la sua bocca sanguinosa: «Ferisci, o nera spina. Oh, ancora risuonano le mie braccia d’argento di selvagge bufere. Scorri, sangue, dai piedi lunari, fiorendo sui sentieri notturni, su cui guizza furtivo squittendo il topo. Splendete improvvise, o stelle, sulle mie ciglia arcuate; e il cuore rintocca piano nella notte. Irruppe nella casa un’ombra rossa con spada fiammeggiante, fuggì con candida fronte. O morte amara».
E un’oscura voce uscì da me: Al mio morello ho spezzato la nuca nella selva notturna, quando dai suoi occhi purpurei balzava la follia; erano sopra di me le ombre degli olmi, il riso azzurro del fonte e la nera frescura della notte quando io cacciatore selvaggio scovavo una candida selvaggina; nell’inferno di pietra smorì il mio volto.
E lucente cadde una goccia di sangue nel vino del solitario; e come io ne bevvi, sapeva d’amaro più del papavero; e una nube nerastra avvolse il mio capo, le lacrime cristalline degli angeli maledetti, e sommesso fluì il sangue dalla piaga argentea della sorella e cadde una pioggia di fuoco su me.
Sull’orlo del bosco voglio andarmene in cammino silente, mentre con mani mute tramonta il sole chiomato; straniero pel colle serotino, levando le ciglia in pianto sulla città di pietra; fiera selvatica che ristà nella pace del vecchio sambuco; inquieto origlia il capo turbato, e lo seguono i passi esitanti dell’azzurra nube sul colle, e anche di astri severi. Da un lato scorre tacita la verde semente, accompagna per muschiosi sentieri il capriolo spaurito. Si sono serrate mute le capanne dei villaggi, e nella fosca calma di vento l’angoscia si leva dall’azzurro lamento del ruscello.
Ma quando discesi il sentiero rupestre, m’afferrò la follia e gridai forte nella notte e nel chinarmi con dita d’argento sulle acque silenti, vidi che il mio volto m’aveva abbandonato. E la bianca voce parlò a me: ucciditi! Sospirando si levò in me l’ombra d’un fanciullo e mi guardò raggiante con occhi di cristallo sì che caddi piangendo sotto gli alberi, sotto l’immane cupola di stelle.
Vago senza pace tra pietre selvagge lontano dai casolari serotini, dalle greggi rientranti; lontano il sole calante pascola sul prato cristallino e scuote il cuore il suo canto selvaggio, il solitario grido dell’uccello, morente in pace azzurrina. Ma sommessa tu arrivi di notte, mentre giacevo desto sul colle, o furiosa nella tempesta di primavera; e sempre più nera la malinconia annuvola il capo già tronco, orribili lampi agghiacciano l’anima notturna, dilacerano le tue mani il petto mio anelante.
Quando andai nel guardino già buio e la nera figura del male era appena discosta da me, m’avvolse il silenzio della notte colma di giacinti; e in un cavo battello percorsi le onde riposanti dello stagno, e dolce pace sfiorò la fronte impietrata. Senza parola giacevo sotto gli antichi salici e il cielo azzurro era alto sopra di me e pieno di stelle; mentre smorivo guardando, morirono nel più profondo di me angoscia e dolori; e si levò l’ombra azzurrina del fanciullo raggiante nel buio, in un canto soave: si levò con ali lunari sulle verdi cime, labbra di cristallo, il volto della sorella.
Con suole d’argento discesi i gradini spinosi, ed entrai nella stanza dipinta di calce. Tacito vi splendeva un candelabro ed io nascosi in silenzio il capo tra lini di porpora; la terra gettò fuori una salma infantile, una figura lunare, che lentamente uscì dalla mia ombra, con braccia mozze sprofondò in abissi pietrosi, tra fiocchi di neve.
Georg Trakl
La terra è quella che servendo sorregge […]. Il cielo è il cammino arcuato del sole[…]. I divini sono i messaggeri che ci indicano la divinità. Nel sacro dispiegarsi della loro potenza, il dio appare nella sua presenza o si ritira nel suo nascondimento […]. I mortali sono gli uomini. Si chiamano mortali perché possono morire. Morire significa essere capace della mortein quanto morte. Solo l’uomo muore, e muore continuamente, fino a che rimane sulla terra, sotto il cielo, di fronte ai divini […]. I mortali sono nella Quadratura in quanto abitano, […] in quanto salvano la terra, […] in quanto accolgono il cielo, [...] in quanto attendono i divini [...]. Nel salvare la terra, nell’accogliere il cielo, nell’attendere i divini, nel condurre i mortali avviene l’abitare come il quadruplice aver cura della Quadratura”
  1. HEIDEGGER,Costruire, abitare, pensare, in Saggi e discorsi, trad. it. a cura di G. Vattimo, Mursia, Milano 1976, p.99 s.


Il Fanum Voltumnae, è la terra mistica, il sacro bosco della nazione etrusca. Bosco sacro, ci viene suggerito dal frate domenicano Annio da Viterbo, c. 1432 - 13 novembre 1502 (un 'Peter Kolosimo' ante litteram), considerato inattendibile dalla cultura ufficiale, e già soltanto per questo motivo a noi prezioso più di altri storici, le sue tesi furono riprese poi negli anni '60 da Mario Signorelli (medium e archeologo, anch'egli considerato eretico farneticante, che conobbi e apprezzai), che indicava come sede del Fanum Voltumnae, la città di Viterbo ed il bosco sacro un luogo compreso tra il pago di Ferente (l'odierna Ferento), il pago di Axia (l'odierna Castel D‟Asso), il pago di Urcla (Macchia Grande e Vitorchiano), di Luserna (sito etrusco a 10 km. da Viterbo sulla strada tuscanese) e il lago Vadimone (sito nel comune di Bassano in Teverina), le cui acque sulfuree erano considerate sacre dai lucumoni etruschi (protettori della selva); le dodici lucumonie etrusche erano una sorta di stato confederato dell'epoca. I quattro avamposti di osservazione, controllati dai sacerdoti, sorsero presso i suddetti luoghi le cui iniziali sarebbero poi servite a contrassegnare posteriormente la sigla F.A.U.L. significante Fanum di Voltumna, insieme ad altri propugnacoli di difesa, sparsi in punti chiave del recinto esterno. I lucumoni erano la massima autorità spirituale e temporale del loro popolo, i dodici eleggevano il capo supremo della confederazione denominato Varthe. Nel Fanu non dovevano abitare civili, che non fossero pastori del gregge riservato ai sacrifici propiziatori, né penetrarvi estranei senza una ragione consentita dal lucumone. Il luogo era sempre abbastanza lontano dai centri abitati e i Lucumoni vi accedevano ogni anno per compiervi il rituale divino, discutere di questioni d'importanza collettiva, accumulare tesori destinati al grande trapasso, poi permanervi con alternanza del proprio mandato, a garanzia della stabilità operativa.

I lucumoni son tutt'ora presenti tra noi come perispiriti, secondo la nomenclatura del Signorelli; tale condizione ultrasensibile non poteva che manifestarsi a noi. Infatti, siamo in stretto contatto con i canali ultrafanici etruschi e sintonizzati soprattutto con le loro esmeriche, campo metapsichico ed energetico inerente ad una civiltà tradizionale, nell'accezione guenoniana, che malgrado la sua fine storica lascia invariato il sacro fuoco fondativo alle generazioni successive o sostitutive. Tutto vi è registrato di un popolo, ideali paure morte rinascita guerre amore odio fede, un archivio che è la memoria bio-storica e spirituale attingibile a chi ha i rubinetti mentali dischiusi.

* * *



Ci ritrovammo tutti noi dell'anonima talenti intorno al Polo spirituale. Un'adunanza che di volta in volta era indetta dal maestro secondo necessità impellenti. Il luogo era da sempre ritenuto sacro dagli esuli atlantidei, che ne sostenevano l'energia metapsichica da millenni. Per chi dotato di capacità medianiche, non era poi così difficile percepirne l'aura. Gli Etruschi vi collocarono il loro sito sacrale principale. Misteriose chiamate ci fecero giungere lì, in brevissimo tempo. Raccogliemmo il terriccio nei pressi del Faggio Sacro, e secondo la prassi ce lo spalmammo sulle mani e dopo averlo odorato inspirando col ventre, entrammo in stasi magica... la Rosa Cremisi apparve, roteante su se stessa. Dal suo gambo sprizzarono gocce luminose che ci bagnarono e un caldo tepore ci attraversò. Momenti che sembravano non terminare, momenti di un silenzio luminoso ci avvolsero. Non eravamo più soli. Intorno a Scandurra, altri esseri si accovacciarono insieme a noi. Testimoni del silenzio cosmico.

  • Se ci facciamo catturare nella rete, egli ci inghiottirà nella sua crepa, perché gli oceani ci sommergeranno distruggendoci. L'Ombra ci terrà intrappolati sul fondo della rete e non potremo più risalire per uscirne. Attenti, amici, ogni pesce ha la sua esca. L'Ombra ci fa la posta, ci spia, ci tormenta con le cose di questo mondo. Il dubbio dei molti ci farà soffrire. Così ingabbiati non potremo aiutare la gente a vedere la Realtà che cambia. Trovate i cammini che dovete percorrere. Che ognuno di voi trovi il suo Oriente.

Con queste parole sibilline, Scandurra col suo modo sbrigativo, senza nascondersi dietro parole di circostanza, ci istruiva sulla fine di un'era, quella definita oscura. Noi ci trovavamo in questo specialissimo attraversamento, consapevoli della responsabilità che la conoscenza ci imponeva. “Profeti di sventura”, ci avrebbero urlato dietro, giudicati come raccontafavole dagli scettici e dai superficiali, spernacchiati dai più e, dalle autorità costituite, considerati propagatori di terrorismo psicologico. Non ce ne può importare di meno, di fronte al sussulto del Cosmo che si profila all'orizzonte degli eventi. L'Origine della Razza-Madre irradierà di nuovo la sua Luce imperitura sull'universo manifesto, e questo ricomporrà il tutto ora frammentato. Ogni uomo secondo l'energia personale recepirà la Luce, per gradi e qualità.
Il maestro tirò fuori dalla tasca del cappotto un foglio con su un disegno a matita e ce lo mostrò. Una montagna con tre sentieri che conducono alla cima, sopra la quale dimora un uomo che splende come il sole.

  • Ogni uomo può giungere alla vetta, ma gli ostacoli posti sul suo cammino sono diversi. Ognuno dei tre sentieri è facile se si sceglie quello giusto per noi, diventa difficile se ne prendiamo uno senza criterio. La montagna è l'infrastruttura che unisce Madreterra a tutti i Nove Mondi. Apparirà all'orizzonte di ogni luogo del nostro mondo, la distanza che ci separa dai suoi piedi sarà sempre la stessa, a prescindere dal posto in cui ci troveremo. La materia fisica si fonderà con la materia mentale, lo spazio sarà segnato dalle pietre miliari del tempo residuale. Berremo l'acqua rigenerante per mescolare i nostri pensieri. Si rivolteranno le coscienze, quello che è dentro è fuori e viceversa. Il compito dell'anonima e qui, su questo monte, non distante dalla Pallanzana. Osserveremo il Varco in prima fila e terremo avvinte le onde alla base dei Cimini. Attenderemo i saturniani, vengono da molto lontano, sono molto cattivi e molto armati. Ma non ci spaventeremo per questo. Teniamoci pronti, perché la paura che sta in agguato nella nostra anima può sempre uscire dalla tana. Per sconfiggerla non dobbiamo dubitare. Per una volta nella storia dell'umanità post-atlantidea, dovremo abbandonarci completamente al lumen.

“Siate anime semplici, forti di ogni forza, che vi frega se vi prenderanno per il culo o vi cacceranno nella gogna sociale”, Scandurra ce lo ripeteva spesso. Nei primi anni '70 non riuscivamo a comprendere cosa ci sarebbe potuto succedere, in termini di reputazione e di vita sociale. “Sarete sconosciuti al mondo, ma il mondo sarà da voi ben noto”, e questa condizione ci faceva in fondo comodo. Camminando muro muro e senza la fastidiosa attenzione da parte dei profani, avremmo potuto operare indisturbati. Però il giorno della trasmissione sarebbe giunto. Il giorno in cui avremmo dovuto, tutti insieme o separati, rendere pubblico il segreto, non era poi così lontano. “Saranno c**** acidi”.

La Terra poggia su un unico pilastro. La Fine di un Mondo inizia con un processo e non con una data. Una data sul calendario darà il via al processo della Fine di un mondo e il Tempo non sarà più lo stesso. Ogni generazione avrà 36 giusti che intercederanno: saranno i protettori nei momenti di crisi. L'uomo ha un immenso potere nascosto, il potere di costruire e di distruggere, ma i giusti armonizzano i mondi.

I Templari ebbero ragione troppo presto, ma torto sul come. Ora non possiamo più sbagliare. È tempo di far silenzio. La vigilia cosmica del Varco ce lo richiede.

(segue ultimo IUS)


domenica 2 dicembre 2012

QUEL LUOGO SEGRETO CHE CI TRAGHETTERÀ OLTRE IL TEMPO E LO SPAZIO




La moderna sensazione da fine dei tempi ha (…) tratti unidimensionali; viene associata a un agire umano che non conosce collaborazione e antagonismo alcuno. Per questo motivo la terapia è inefficace, anche quando viene chiamato in causa il fattore morale. Un moralismo privo di un punto d’Archimede, cioè di un’istanza trascendentale, può solo girare su se stesso: sul piano umano e “troppo umano”. Oggi si sentono persino filosofi dire: “Se questo o quello non ci fossero, tutto sarebbe a posto”. È invece probabile che, se non ci fossero questo o quello, le cose si presenterebbero in modo ancor più orribile – a prescindere dal fatto che non appena un’immagine terrifica svanisce, a essa ne subentra subito un’altra.
Queste tesi, e altre simili, traggono alimento dall’identificazione di ragione e morale. Il mondo è pieno di uomini ragionevoli che si rinfacciano l’un l’altro la loro irragionevolezza. Nonostante questo, le cose seguono il proprio corso, che palesemente è altro rispetto a ciò che tutti si aspettavano. Chi sta a osservarlo è più vicino alle fonti di quanto lo sarebbe nel caso in cui prestasse ascolto ai partiti, indipendentemente dal fatto che essi affrontino la situazione nelle loro frazioni o in plenum.
Che le cose non si svolgano in conformità ai programmi, e che in base ai programmi ci si possa, tutt’al più, barcamenare, è meno inquietante di quanto in genere si supponga. La prospettiva più spaventosa è quella rappresentata dalla tecnocrazia, una sovranità sotto controllo, esercitata da spiriti mutili e mutilanti. Una fine del mondo priva di aspetti trascendentali, metafisici, senza la potente luce che da essi promana e annienta la paura: ecco un’immagine ben triste. Essa sorge da un’epoca di impoverimento, da una fantasia già atrofizzata.
Se non ci fermeremo a dipingere gli orrori, ma riusciremo a vedere nel confronto diretto con essi una tappa del nostro cammino, potremo procedere oltre. In tal caso il singolo non sarà più l’uomo abbandonato a se stesso, debole voce tra milioni di altre, bensì l’arbitro di grandi decisioni, purché diventi consapevole della propria libertà, la quale lo rende indipendente dalla storia e perfino dalle cose e dai loro vincoli. Egli, allora, terrà in pugno il mondo. (…)
Si è spesso osservato come l’individuo sia più ragionevole preso per se stesso rispetto a quando è frammento inserito in una collettività. Ecco perché deve cominciare da se stesso e in sé andare. Esistono problemi che sembrano insolubili estensivamente, ma che possono essere risolti intensivamente, nel momento in cui l’individuo ne “viene a capo”. Ciò accade, in particolare, quando il declino sembra inevitabile. L’individuo non può autoescludersi, ma può uscire dal regno della quantità e delle statistiche e penetrare in domini nei quali vige una diversa legge.
Questo è il compito che si pone, e che da sempre si è posto, all’uomo. Con la morte di ogni individuo giunge a compimento anche un declino del mondo: si spegne il mondo in quanto rappresentazione di quel singolo. Rimane sua proprietà. Resta da domandarsi come costui si possa rassegnare al proprio declino, per esempio al manifestarsi di una malattia mortale o durante la notte che precede l’esecuzione. Trovarsi soli di fronte alla propria finitezza è uno dei grandi incontri. Né dèi né animali ne sono partecipi.
Si può obiettare che in questo modo la partecipazione a tale esperienza divenga fatto privato. È obiezione troppo superficiale, poiché nel trionfo del singolo si libera una potenza che non conosce misura, una libertà nel senso più profondo, che sfida ogni numero. È il Monte degli Ulivi, è la cella di Socrate. Essi sempre ci accompagnano.
Si riconosce la statura di uno spirito dalla misura e dal modo in cui si lascia prendere dal panico. Questa è osservazione che non vale solo dal punto di vista etico e metafisico, ma anche nella pratica, anche nella dimensione del tempo. In qualunque catastrofe, per esempio nell’incendio di un teatro o nel naufragio di una nave, la comparsa di un individuo che non perde la testa può avere come conseguenza non solo la sua personale salvezza, ma anche quella altrui. Tanto meglio se questo individuo è il direttore del teatro o il comandante della nave, la cosa, però, non è necessaria. A manifestarsi in un simile spirito non è una più profonda conoscenza dei fattori tecnici, ma quel che di invulnerabile vi è in lui. Anche quando la possibilità di salvarsi è esclusa, anche in un naufragio solitario nell’Artide, un comandante di questo genere farà sì che le cose si svolgano in modo umano, e non secondo il modello offerto dagli animali in preda al panico o da un’orda di cannibali.
Se nella pratica dobbiamo sforzarci di scongiurare la catastrofe, nella teoria dobbiamo tener conto della sua probabilità e, perfino, inevitabilità. In un mondo caduco tutto è caduco. Il malato chiama i medici, assume i farmaci, e a buon diritto. Ma, altrettanto opportuno è che faccia i conti con la propria morte e si prepari al grande viaggio, non importa se ritiene che abbia una meta oppure no. Egli mette in ordine il mondano, prima di dargli l’ultima benedizione. Solo dopo essere andato incontro alla caducità, e alla paura che in essa dimora, potrà dominare la malattia, qualunque ne sia l’esito. È un pregiudizio ritenere che le malattie siano destituite di senso. Le malattie sono delle prove.
Non ci mancano criteri di misura. L’intera notte a languire nelle segrete del circo, e le forze ormai allo stremo. Terrore, persecuzioni, arresti, interrogatori, torture, profanazioni come preludio. Durante la notte le belve avevano squassato le sbarre; la loro agitazione e le loro urla si imprimevano profondamente negli animi. Ancor più terribile, il vociare della gente che già alle prime luci del giorno cominciava a riempire l’anfiteatro. Era un vociare allegro, impaziente di curiosità. Un contendersi i posti. Rivenduglioli vantavano a pieni polmoni le loro bevande. Più tardi arrivavano i notabili, i cavalieri e i senatori, infine il Cesare in persona. Coloro che pensavano e sentivano altrimenti erano in assoluto soprannumero. Poi si sollevavano le grate; il pugno di uomini veniva spinto nell’arena. Il sole abbacinava. E tuttavia era più debole della luce interiore. Così crollano gli imperi, così il mondo si trasforma.
LA SOLITUDINE ESSENZIALE CHE SALVA IL MONDO(Da: Ernst Junger, Al muro del tempo, Adelphi)



Chiedevamo insistentemente a Scandurra come si potevano preparare le genti agli eventi di portata cosmica previsti per il solstizio d'inverno dell'anno 2012. Sebbene fosse lontano quel giorno, il solo fatto di conoscere la fine di un mondo, del nostro mondo, ci si riproponeva come i peperoni. Ci veniva spontaneo, innanzitutto, pensare a dei rifugi possibili, luoghi che potevano offrire riparo dai fenomeni catastrofici – non sarebbero stati soltanto negativi, tuttavia non erano da escludersi - che si sarebbero abbattuti su questa nostra amata Terra. Dovevano pur esistere posti speciali, immuni dalle conseguenze della fine del Tempo. Dio Onnipotente non poteva lasciare naufragare il genere umano nel vuoto del nulla, come i frammenti di comete spente. Di fronte alle nostre preoccupazioni, legittime del resto, il maestro rimaneva dapprima in silenzio, e questo ci atterriva alquanto, poi rimandava ad un momento più propizio le dovute risposte. Quel momento arrivò alla fine dell'anno 1973. Mi ricordo benissimo dove si svolse la rivelazione: sulla Torre del Diavolo, punto di osservazione e di avvistamento appartenente ad epoca medievale, situato sulla Faggeta tra i Monti Cimini. Il vento gelido che spazzava ogni residuo calore, non ci fece perdere l'attenzione necessaria. Scandurra col suo fare tranquillo, anche quando affrontava le azioni più rischiose, ci ammaestrò su cose che da principio ci apparvero non pertinenti al caso, sembrando, infatti, una delle tante istruzioni magiche della Via secondo le materie oscure. Che fessi!

  • Tutti voi avrete avuto da piccoli un luogo segreto, reale o fantastico poco importa. Bene, rievocate quel luogo dove vi nascondevate quando i vostri genitori vi rimproveravano per qualche marachella commessa, oppure quando volevate stare per conto vostro a immaginare mondi fantastici. Forza, richiamate quel posticino così sicuro, invulnerabile. Ricostruitelo con precisione, avanti. Trattenetelo sullo schermo della vostra mente. Così, più nitido, più delineato, dai! Ora io lo fisserò indelebilmente, cristallizzandolo. Non spaventatevi per il calore che sentite intorno all'ombelico. Ben fatto. Ora... seguite le mie istruzioni per meglio consolidare il campo eterico. Concentratevi sul luogo segreto della vostra infanzia; tenete un'attenzione prolungata; raccoglietevi. Semplice come succhiare una caramella alla menta. Guarda un po' il caso, ho in tasca delle caramelle dai vari gusti. Aprite la mano destra e darò ad ognuno esattamente quella preferita da figliarelli. Vediamo se ho indovinato.

Ci mise in mano una caramella. Io l'assaggiai con circospezione. Il suo sapore inconfondibile mi risvegliò ricordi e sensazioni antiche. Cacchio, Scandurra sapeva pure questo. Vrrr! Una vibrazione seguita da uno squarcio, simile al rumore di una vecchia e arrugginita porta che si apre. Dopo qualche secondo mi trovai in quel luogo segreto che scelsi quando da bambino risiedevo a Stimigliano, in Sabina. Non ci stavo con la mente, almeno non mi sembrava, ma ero presente in carne ed ossa. Era buio pesto in quella piccola casetta azzurra, come la chiamavo, in realtà un ricovero attrezzi nei pressi della mia abitazione, che il tempo passato l'aveva irrimediabilmente diroccato. Passai alcuni secondi a tentare di vedere i particolari, quando si accese la luce azzurra – sebbene non ci fosse mai stata la lampadina - e tutto si trasformò come ai tempi del '63. Piccola ma accogliente, profumava di campagna d'estate. Mi avvicinai all'angolo dove mi sedevo di solito. Ebbi la voglia di alzare quel ciocco di legno sotto il quale nascondevo un coltellino speciale, almeno per me. Scostai il legno e lo trovai, così come lo avevo stipato. Lo perdetti durante il trasloco a Viterbo il 1964. Invece era lì, ancora. Me lo misi in tasca con una sensazione di contentezza, anzi, di gioia per aver ritrovato un oggetto a me caro. Improvvisamente mi trovai dentro la Torre. Non aprii gli occhi, ma misi la mano nella saccoccia del cappotto e lo trovai, sì, era nuovamente in mio possesso.

Aprimmo tutti gli occhi e la torcia di Scandurra ci illuminò ad uno ad uno. Come bambinetti felici dei regali della Befana, tirammo fuori dalle nostre tasche tutte le cose più intime, segrete, pescate nel fiume del tempo. La sorpresa fu tanta. Due coltelli di foggia diversa, una trottola di legno, tre sassi colorati, una biglia multicolore, un quadernino nero, un mazzo di figurine di modelli di automobile, una catenella d'oro, un orologio da taschino, un falcetto, questo era l'elenco surreale della nostra infanzia incantata. Ci sentivamo stralunati ma eccitati, con in mano un pezzo del nostro passato più spensierato e felice.

  • Eccoli lì i vostri talismani contro i mali. Ah, se vi guardaste allo specchio, sembrate figliaroni troppo cresciuti con i giocattolini creduti persi. Non tutti gli uomini potranno ritrovarli, non tutti, ma nella memoria ci sono, eccome, ben registrati da adesso in avanti. Quando si è bambini ci si affaccia di continuo sull'altra realtà, fatta di potenze, energie, esseri incredibili, avventure formidabili, e luce e l'ombra sempre in lotta. La realtà magica sovrasta e contrasta quella ordinaria, ma pochi se ne accorgono, induriti dalle stronzate che raccontano a scuola, frammentati da impulsi desideri paure di questa stronza società. Troppa gente non ricorda chi sia veramente. La magia è ricevente e trasmittente. Essa capta onde informazioni messaggi. L'universo ermetico è un cerchio magico formato di tanti piccoli anelli, produce e condensa l'energia eterica che noi mettiamo a profitto. Possiamo dimenticarlo, ma esso vive in eterno e prima o poi bussa alla porta della Vita.
  • Allora, maestro, basta trovare il talismano della nostra infanzia per salvarsi dalla fine del Tempo? - fece uno di noi.
  • Non sarà così per tutti. Vi sono luoghi privilegiati senzatempo, luoghi magici, sacri, in cui radunarsi quando cielo e terra si toccheranno e si aprirà il Varco. Terre sottili, alcune sono visibili ma non sono percepite, altre sono invisibili e tangenti al nostro universo e vengono sentite dai medium di ogni tipo. Ve li svelerò e voi li svelerete al mondo. Sarete presi per il culo, o internati nei manicomi. Cosa importa. Nessuno vi potrà fermare perché avrete accesso alle botole interdimensionali con la stessa facilità con cui aprite la porta di casa. Chi vi ascolterà troverà il modo di prepararsi come si deve agli eventi. Almeno sarà così per chi rimarrà su Madreterra. Vedrete che la gente non sarà sempre appecoronata sotto il dominio degli stronzi mondiali. Scatterà qualcosa, un bottone magico sarà premuto al punto giusto. Scatterà qualcosa. Un fattore di crescita. Noi siamo pedine nelle mani del Creatore. Coscienti, però, per questo dobbiamo contribuire al piano cosmico, altrimenti che c**** ci stiamo a fare quaggiù.
  • Maestro – feci io – parli di fattore di crescita, cioè?
  • È il ribaltamento del voltaggio interiore.
    (continua con l'ultimo IUS)